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La zona della Roma di Liedholm

Di Bartolomei dal dischettoLa favola della Roma è cominciata con una telefonata a Liedholm da parte del presidente Viola che domandò al tecnico svedese di guidare l'ambizioso progetto Roma nel prossimo campionato.
Viola ha in testa e promette di creare un grossa società con una grande squadra. Viola ha la possibilità di acquistare la società da Anzalone, però per farlo vuole essere sicuro che sia Liedholma a costruire la Roma. Altrimenti non inizierebbe nemmeno questa avventura.

Erano i primi mesi del 1979, all'epoca Nils Liedholm guidava il Milan e stava conquistando lo scudetto della stella.
Liedholm ci credeva a questo progetto, da tempo aveva un'idea che gli frullava per la testa, un modo nuovo di giocare, più spettacolare che se praticato bene poteva portare grossi risultati, la zona.
La zona era tutto il contrario della mentalità corrente del calcio. Era chiaro che il processo doveva essere graduale. Liedholm chiamò subito alla sua corte il “vecchio” Turone, Ancelotti e Bruno Conti. Chiese anche Antognoni ma la trattativa non riuscì. Il secondo passo fù insegnare la filosofia di gioco della zona.

Prima era l'avversario da controllare, adesso il nuovo riferimento erano la palla e i compagni.
Con Santarini e Turone il sistema del doppio libero funzionava anche se spesso la critica era scettica. I giallorossi chiusero quel campionato '79-'80 al settimo posto, ma vinsero la coppa Italia.

Nella seconda stagione l'innesto determinante fu l'arrivo di Paulo Roberto Falcao, era l'uomo giusto per far decollare la zona. Con il fuoriclasse carioca la Roma cominciò a fornire sprazzi di gioco eccezionale. In campo, i giallorossi ubriacavano l'avversario, ma mancava ancora la continuità. La Roma si classificò seconda a due punti dalla Juve e vinse ancora la coppa Italia.

Nell'estate dell'81 arrivò Nela, un terzino fondamentale sul piano tattico. Era la fine del doppio libero, la zona diventava sempre più la zona di Liedholm. L'asso nella manica era Di Bartolomei ultimo uomo. La stagione terminò con la Roma al terzo posto.
C'era stato un passo indietro sul piano dei risultati, ma sul piano del gioco i giallorossi erano diventati una squadra più matura. Si arrivò così all'anno dello scudetto (1982/83), la stagione dell'arrivo di Maldera. Fu una cavalcata trionfale.

Unico neo del progetto Roma del presidente Viola fu la finale di coppa Campioni persa all’Olimpico nella lotteria dei calci di rigore.




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